mercoledì 14 marzo 2007

Alterità

No aspetta.

Aspetto?

Si, aspetta.

Aspetto... cosa?

.

.

Non so.



Il cazzo era lucido e lo stesso odore di olive, usate a sproposito, ne rendeva lucente l'asterisco, al centro dei glutei protesi.

Aspetta.

Appesi alla nostra lussuria, pendolavamo  abbracciati ed in silenzio, gli occhi sgranati. Un vallo di parole e di richieste senza parole aveva interrotto, di colpo, il precipitare in piena, della voluttà.

E' la prima volta che mi fermi prima che ti inculi. Mi hai detto di no.

E'...

E' che ho voglia... di sentirti, di sentirti dentro, di amarti, di guardarti.

Stavamo aspettando sul rischio di vedere aprirsi fessure rosse e squarci di carne per la tensione fermata.

Era finita a carponi, sul divano. Dopo il litigio, il cibo e poi la voglia di prenderla. Senza tante parole. L'aveva messa sul divano, le aveva abbassato i pantaloni neri dimensionedanza, aveva sentito quel nocciolo umido e fracido, sottodietro i glutei. E col cazzo eretto l'aveva presa, senza parole. Portata sul divano, appoggiata a carponi, giù le brache, un lembo che aveva svelato la meraviglia di glutei del mondo. La ghianda purpurea avea scostato le piccole labbra e l'aveva allargata dentro.

Ogni colpo era una lotta contro l'infinito. Senza protezioni, il cuore in gola, ogni millimetro di carne dura su carne bagnata, era un colpo in gola.

Non possiamo, aveva detto. Non possiamo, amore mio. Paratia di metallo freddo e scuro, viscida di ricordi scuri e viscidi, mucillagini dolore, di lacrime amare e di vita avvelenata.

Aveva preso l'olio, sulla tavola vicina, Not Ausgang, uscita di sicurezza.



Aspetta.


Poi di nuovo qualche colpo, a fermarsi fino in fondo, non si vedeva più l'asta. E dimensionedanza aveva iniziato il ballo del bacino. Lui scomparso in lei e un culo mandolino perfetto centro del modo che ballava di rotazioni e contrazioni e torsioni e movimenti basculanti. Gemiti e silenzio.

Voglio vederti. Si era levata da carponi.

Siediti.

Goffo e ridicolo, movimenti da pinguino per i pantaloni e i vestiti che gli legavano le caviglie.

Siediti.

Si era riseduta, colle mani, cinte intorno ad orecchie nuca, lo guardava, accovacciandosi.



Dov'è ora? Dove'è?

A cavalcioni, aveva afferrato, ci avevamo riso poc'anzi, l'attrezzo del benessere e si era infilzata. Era più stretto.

Sì, è lì, AMan.

Mio Dio, hai sentito come è entrato? Come l'hai preso tutto?

La cavalcata selvatica era ripresa, per altri luoghi. Gli occhi socchiusi e i rantoli in crescendo, il viso congestionato.

Come sei bella quando fai l'amore. Ora, vorrei essere nella tua testa.

Sei un bastardo. Non so, ora, non so...

Non sai? Solo tu puoi decidere cosa ti piacerebbe dirmi.

Ho un nuovo film, a casa.

Nuovo film? quando l'hai preso?

Di cosa... Cosa...

Tre donne, diverse. Quello. Il titolo è Due per una. C'è una scena... Due la desiderano, lei non è un'attrice, è un'amatrice, impacciata all'inizio. Poi...

Ora lo sbatteva, si sentivano i colpi del culo sul suo bacino. I piedi sul divano, tutto un lavoro di cosce e la tensione muscolare che lo stringeva, per infilzarsi di più.

Mi fai perdere il controllo. Mi viene quasi da piangere.

AMan, cosa faceva quella donna?

.

.

Cosa le facevano, poi?

La desiderano e la prendono, insieme, rudemente e soavemente, l'accarezzano, le stringono le tette, le rampano i fianchi, la baciano lascivamente.

Lei inizia a perdere il controllo.

Si lascia andare.

.

E inzia a scoparli. Lei loro.

Mi fai perdere il controllo. Vorrei piangere...

Come sei bella quando fai l'amore.

Col palmo delle mani verso l'alto le divaricava le piccole labbra, turgide, colanti di umori. La paratia non era riuscita a fermarne l'uscita, si erano accumulati in un fiotto sul pelo ricciuto.



Avevamo discusso pesantemente, qualche passo prima del litigio.

Sei pesante.

Sei imbecille.

Sei stucco.

Sei tonta.

AMKid aveva voluto rimanere dalla madre, una serata inaspettata per noi. A discutere di auto, prevaricazioni, cocciutagine, limiti, rancori per appuntamenti mancati. I progetti sulla vacanza di venerdì soccombuti al litigio.

Avevamo ristabilito l'alterità.



  • Ristabilire l'alterità. puoi desiderare solo ciò che ti è distinto, ciò che è altro da te.


Ha ragione Esther Perel.


Senza titolo


(mirelabratu)

7 commenti:

casalinprecaria ha detto...

concordo. io desidero ciò che è altro da me. sapete anche come si fa ad ottenerlo?

:DDDDDD

entusiasmo ha detto...

il mio (W)alter ego vi saluta. hep.

BaroneAgamennone ha detto...

ehi, ma pure voi due litigate e poi fate pongi pongi? :P

FulviaLeopardi ha detto...

scusate se certi post li salto a pié pari :-) ma sono in astinenza

AWomanAMan ha detto...

x casalinprecaria:

Ho qualche sospetto, ma conoscendoti poco me lo tengo.



x Seplasia:

Ma che bella bisirena :)

Dovrebbero mettervi all'ingresso dei negozi Ikea, al posto di quella nojosissima macchinetta con contatore che finge di spingere un coso sulla tapezzeria di una sedia improbabile.



x entusiasmo:

Glielo salutiamo anche noi! :)



x BaroneAgamennone:

Visto che anche da 'ste parti c'è la baruffa e poi il pongispingi...



x FulviaLeopardi:

Ocio. Un robusto appetito va bene. Ma protrarre il digiuno oltre certi limiti causa deperimento. E l'appetito pure svanisce.

windflower ha detto...

solo a leggerlo è faticoso..

AWomanAMan ha detto...

Eh...

In effetti dovremmo essere più concisi. Poi pensi che vorresti leggere fra qualche mese o anno e ricordarti di quel particolare preciso che era stato così speciale.

E allora lo scrivi.

E così diventa una pagina di diario meno breve.

La fatica, alla fine, esalta sensi e sapidità. Parola di alpinisti.